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martedì 30 novembre 2010
Come anticipato nel precedente intervento, il doppio termine di decanza (60 giorni decorrenti dalla comunicazione scritta del licenziamento o dalla comunicazione dei motivi e successivo temine di 270 giorni, entro il quale deve avvenire il deposito del ricorso in Tribunale) concerne tutti i casi di licenziamenti invalidi.
Al riguardo si è già chiarito, che per licenziamenti invalidi devono, in conformità alla lettera della norma, intendersi:
1- i licenziamenti annullabili per carenza di giusta causa o di giustificato motivo;
2- i licenziamenti nulli ovvero quelli discriminatori, quelli intimati a causa di matrimonio e quelli intimati alla lavoratrice durante il periodo di gestazione.
Si è escluso, invece, che il predetto doppio termine decadenziale concerna, anche, il licenziamento orale.
La predetta opzione interpretativa, che si ritiene coerente con la lettera della norma, deve essere mantenuta presente e ferma ai fini della corretta esegesi dell'articolo 32, III° comma, lettera a) e b) per le ragioni che vedremo da qui a breve.
L'articolo 32, terzo comma, enuncia:
"Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal presente articolo, si applicano inoltre:
a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto
b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), c.p.c.."
Ora, leggendo rapidamente l'articolo 32, lettera a), si potrebbe ritenere che il doppio termine decadenziale (60+270 giorni) trovi applicazione anche ai licenziamenti (ovviamente orali) intervenuti in un rapporto di lavoro nero (ovvero rapporti nei quali, a causa della mancata formalizzazione, si chiede sempre l'emissione di pronuncia di accertamento in punto di qualificazione del rapporto).
In realtà, ad opinione di chi scrive, tale possibile lettura appare errata.
Invero, se si ritenesse che la lettera a), dell'articolo 32, dispone l'applicazione del doppio termine di decadenza anche ai licenziamenti orali, intervenuti a cessazione di un rapporto di lavoro nero, ne risulterebbe l'irrazionalità dell'intero sistema normativo nonchè un insanabile contrasto con i principi già espressi dalla Corte Costituzionale.
Pertanto, utilizzando le noti tecniche interpretative deve ritenersi:
1- che il doppio termine di decadenza investe esclusivamente i licenziamenti invalidi ed intimati in forma scritta;
2- che l'articolo 32, terzo comma, lettera a), si riferisce ai casi di recessi intimati in forma scritta in rapporti di lavoro comunque formalizzati che presuppongono la risoluzione di questioni attinenti la riconducibilità della modalità a progetto nell'area della subordinazione, con la conseguenza che il lavoratore o la lavoratrice dovrà, (stante la locuzione presente nella norma "ai livenziamenti che ...") al termine di ogni singolo contratto di lavoro a progetto e nel quale vi è il recesso in forma scritta, provvedere sia, all'impugnazione entro 60 giorni che, al deposito del ricorso nei successivi 270;
3- che l'articolo 32, terzo comma, lettera b) si riferisce, diversamente dalla fattispecie di cui al punto a), al solo caso di recesso in rapporto di collaborazione, anche nella modalità a progetto, nel quale non viene in rilievo alcuna questione sulla qualificazione del rapprto.
Ciò chiarito, ad opinione di chi scrive, appare opportuno proseguire nel richiamo dell'articolo 32, III° comma.
Dunque tale disposizione prosegue enunciando:
"Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604 come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:
c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 c.c., con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;
d) alla azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del D.lgs 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo."
Inoltre, proseguendo nel richiamo del testo normativo, il successivo quarto comma dispone:
"Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo si apllicano anche:
a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del D.lgs. 06 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge con decorrenza dalla scadenza del termine;
b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al D.lgs 06 settembre 2001, n. 368 e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge;
c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'articolo 2112 c.c. con termine decorrente dalla data di trasferimento;
d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'articolo 27 del D.lgs 10 settembre 2003 n. 276 si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto".
Alla luce di tali disposizioni, chi scrive potrebbe anche ritenere costituzionalmente legittimo il termine di decadenza apposto ai licenziamenti invalidi, avendo la Corte Costituzionale già affermato la legittimità del termine di decadenza previsto per i soli casi di licenziamento, stante l'esistenza di un provvedimento espulsivo e il conseguente interesse della parte lavoratrice alla celere definizione della questione attinente l'affermata illegittimità dell'atto di licenziamento.
Ma negli altri casi?
L'articolo 32, terzo e quarto comma, (nella parte in cui prevede il doppio termine decadenziale in ipotesi di rapporti a progetto, trasferimernti individuali, trasferimento di azienda o del suo ramo, nullità del termine e somministrazione irregolare) a bene vedere si muove in una duplice direzione.
In primo luogo, incrementare la difficoltà dell'esercizio dell'azione, a tutela dei propri diritti, per la parte lavoratrice;
In secondo luogo conferire, per la parte datrice, una possibile sanatoria, derivante dal mancato rispetto dei termini decadenziali, pur in presenza di atti invalidi.
A fronte di ciò, la costituzionalità della normativa appare, ad opinione di chi scrive, quanto meno dubbia.
Invero:
Dubbia, in punto di contratti a termine, appare la tenuta della predetta normativa alla luce di quella comunitaria e del principio sancito dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza 314-2009.
Dubbia, in punto di trasferimento individuale o di azienda o di un suo ramo, appare la tenuta della normativa, lì ove prevede la decorrenza del termine in costanza di rapporto non assistito da stabilità.
Dubbia appare nel suo complesso la tenuta dell'intera normativa lì ove prevede, solo per i lavoratori, termini di decadenza non previsti, a conoscenza di chi scrive, per nessuna altra ipotesi di impugnazione di contratti invalidi.
Dubbia, infine, appare la tenuta dell'articolo 32, quarto comma, lettera d) stante la mancata individuazione del termine dal quale inizia a decorrere la decadenza.
avv. Vincenzo Caponera, Rete legale Roma
Al riguardo si è già chiarito, che per licenziamenti invalidi devono, in conformità alla lettera della norma, intendersi:
1- i licenziamenti annullabili per carenza di giusta causa o di giustificato motivo;
2- i licenziamenti nulli ovvero quelli discriminatori, quelli intimati a causa di matrimonio e quelli intimati alla lavoratrice durante il periodo di gestazione.
Si è escluso, invece, che il predetto doppio termine decadenziale concerna, anche, il licenziamento orale.
La predetta opzione interpretativa, che si ritiene coerente con la lettera della norma, deve essere mantenuta presente e ferma ai fini della corretta esegesi dell'articolo 32, III° comma, lettera a) e b) per le ragioni che vedremo da qui a breve.
L'articolo 32, terzo comma, enuncia:
"Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal presente articolo, si applicano inoltre:
a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto
b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), c.p.c.."
Ora, leggendo rapidamente l'articolo 32, lettera a), si potrebbe ritenere che il doppio termine decadenziale (60+270 giorni) trovi applicazione anche ai licenziamenti (ovviamente orali) intervenuti in un rapporto di lavoro nero (ovvero rapporti nei quali, a causa della mancata formalizzazione, si chiede sempre l'emissione di pronuncia di accertamento in punto di qualificazione del rapporto).
In realtà, ad opinione di chi scrive, tale possibile lettura appare errata.
Invero, se si ritenesse che la lettera a), dell'articolo 32, dispone l'applicazione del doppio termine di decadenza anche ai licenziamenti orali, intervenuti a cessazione di un rapporto di lavoro nero, ne risulterebbe l'irrazionalità dell'intero sistema normativo nonchè un insanabile contrasto con i principi già espressi dalla Corte Costituzionale.
Pertanto, utilizzando le noti tecniche interpretative deve ritenersi:
1- che il doppio termine di decadenza investe esclusivamente i licenziamenti invalidi ed intimati in forma scritta;
2- che l'articolo 32, terzo comma, lettera a), si riferisce ai casi di recessi intimati in forma scritta in rapporti di lavoro comunque formalizzati che presuppongono la risoluzione di questioni attinenti la riconducibilità della modalità a progetto nell'area della subordinazione, con la conseguenza che il lavoratore o la lavoratrice dovrà, (stante la locuzione presente nella norma "ai livenziamenti che ...") al termine di ogni singolo contratto di lavoro a progetto e nel quale vi è il recesso in forma scritta, provvedere sia, all'impugnazione entro 60 giorni che, al deposito del ricorso nei successivi 270;
3- che l'articolo 32, terzo comma, lettera b) si riferisce, diversamente dalla fattispecie di cui al punto a), al solo caso di recesso in rapporto di collaborazione, anche nella modalità a progetto, nel quale non viene in rilievo alcuna questione sulla qualificazione del rapprto.
Ciò chiarito, ad opinione di chi scrive, appare opportuno proseguire nel richiamo dell'articolo 32, III° comma.
Dunque tale disposizione prosegue enunciando:
"Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604 come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:
c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 c.c., con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;
d) alla azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del D.lgs 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo."
Inoltre, proseguendo nel richiamo del testo normativo, il successivo quarto comma dispone:
"Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo si apllicano anche:
a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del D.lgs. 06 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge con decorrenza dalla scadenza del termine;
b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al D.lgs 06 settembre 2001, n. 368 e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge;
c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'articolo 2112 c.c. con termine decorrente dalla data di trasferimento;
d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'articolo 27 del D.lgs 10 settembre 2003 n. 276 si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto".
Alla luce di tali disposizioni, chi scrive potrebbe anche ritenere costituzionalmente legittimo il termine di decadenza apposto ai licenziamenti invalidi, avendo la Corte Costituzionale già affermato la legittimità del termine di decadenza previsto per i soli casi di licenziamento, stante l'esistenza di un provvedimento espulsivo e il conseguente interesse della parte lavoratrice alla celere definizione della questione attinente l'affermata illegittimità dell'atto di licenziamento.
Ma negli altri casi?
L'articolo 32, terzo e quarto comma, (nella parte in cui prevede il doppio termine decadenziale in ipotesi di rapporti a progetto, trasferimernti individuali, trasferimento di azienda o del suo ramo, nullità del termine e somministrazione irregolare) a bene vedere si muove in una duplice direzione.
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degli associati, ogni pubblicazione, scritto ed intervento rappresenta l'opinione ed il pensiero unicamente dell'associato che la pubblica e l'insieme delle
pubblicazioni non costituisce testata giornalistica
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