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mercoledì 16 dicembre 2009
Eh, certo, non è una grande legge, persino l'esponente politico di altissimo livello che le ha dato il nome, l'On. Calderoli, l'ha definita una “porcata”, da cui “porcellum”, termine ormai pacificamente utilizzato da tutti per indicarla (termine coniato da Giovanni Sartori). Però è li e nessuno ne parla.
Quello che mi manda fuori di testa, infatti, è il modo deboluccio e approssimativo con il quale se ne parla a sinistra. Tutti ammettono che è uno schifo, che andrebbe cambiata, che è anti-democratica, che toglie sostanzialmente il diritto di voto alle persone, ma che in fondo c'è ed è inutile perdere troppo tempo a combatterla. Di fatto, nell'agenda politica dei leaders (mi viene da ridere) della così detta sinistra (mi spancio dalle risate), questo argomento è relegato a “varia ed eventuale”, a argomento di secondo livello, di secondo piano, di poco respiro politico.
Quello che mi sento di dire a tutti questi abusivi che si improvvisano uomini politici con accenti italioti, è che non esistono altri temi all'ordine del giorno. Questo è il tema. Bisogna parlare solo di questo fino a quando non si è vinta la battaglia per ripristinare la democrazia in questo paese nessun altra battaglia ha senso. Ed il contesto in cui questa legge nasce è un contesto di democrazia falsata, drogata, edulcorata, qualcuno dice di quasi-regime. Insomma, è inutile (o forse è utile?) ripetere che quando un signore che già controlla mezza Italia conquista anche l'altra metà inventandosi norme per non essere processato e leggi elettorali per escludere le minoranze dal parlamento, il pericolo di una dittatura è leggermente più consistente di una semplice paranoia.
E noi a guardargli i becchi della giacca, l'attaccatura dei capelli, a stigmatizzare interventi in economia e in politica estera, sui temi della giustizia e della sanità, a scrivere dossier sui suoi trascorsi e lunghissimi monologhi sui suoi presunti coinvolgimenti in procedimenti giudiziari. Attenzione. Il punto non è quello. Solo gli italiani possono liberarsi da Berlusconi ed ha ragione chi dice che il Presidente del Consiglio deve essere sconfitto in regolari elezioni e cancellato come un brutto ricordo della nostra storia da un ritorno della Politica al governo del paese. Perché quello che abbiamo visto e ci siamo sorbiti in questi anni non ha niente a che vedere con la politica.
Ma se questo è vero allora torna stringente e drammaticamente attuale il tema della democrazia e della possibilità per le persone di recarsi alle urne ed esercitare realmente il diritto di voto indirizzandolo ovunque esse vogliano ma con conseguenze reali nella composizione delle aule parlamentari italiane. Perché, per chi non se ne fosse accorto, oggi questo non avviene.
Spieghiamo, dunque, a chi fa politica o ha idea di iniziare a praticarla, che cosa stabilisce, che cosa introduce e che cosa stravolge questa legge, la n. 270 del 21 dicembre 2005.
Innanzitutto la disposizione in questione abolisce i collegi uninominali. Chi ha potuto votare con il precedente sistema si ricorderà che si poteva votare su due schede per la Camera dei Deputati e su una scheda per il Senato. Sulla seconda scheda della Camera si attribuivano i seggi in maniera proporzionale e precisamente il 25% dei seggi, con la possibilità di scegliere una lista e al Senato si procedeva a un recupero su base regionale fra i non eletti all'uninominale. Oggi le schede sono solo due.
La seconda e più terrificante modifica apportata dalla 270/05, che sostanzialmente riprende lo schema in vigore per la quota proporzionale prevista dal precedente sistema elettorale (c.d. Mattarellum), consiste nella eliminazione delle preferenze per cui l'elettore può esprimere il suo voto solo per delle liste di candidati senza la possibilità, come si verifica tuttora per le elezioni europee, regionali e comunali, d'indicare il suo candidato preferito. L'elezione dei parlamentari, dunque, la composizione del parlamento sia dal punto di vista del prestigio dei rappresentanti, della rispettabilità, del livello culturale, della preparazione giuridica, dipende solo ed esclusivamente dalle scelte e dalle graduatorie stabilite dai partiti. Qual'è la conseguenza di questa riforma è abbastanza agevole comprenderlo. O forse no, è meglio spiegarlo. Se io sono un partito con un capo che si presenta alle elezioni ed è in grado di raccogliere un buon numero di voti, allora sono nelle condizioni di cooptare uomini e donne il cui spessore politico è assolutamente irrilevante divenendo al contrario fondamentale l'aspetto della fedeltà agli impegni assunti con la candidatura. Ma se è il partito che decide chi va in parlamento e se nelle liste conviene metterci persone fidate piuttosto che persone in gamba, allora è evidente che in parlamento siederanno non, come vuole la costituzione, dei rappresentanti del popolo ma dei rappresentanti dei partiti, fedelissimi alla linea.
Anche in questo caso le conseguenze sono evidentissime ma, anche in questo caso è il caso di spiegarle meglio. Nel nostro ordinamento Costituzionale il potere legislativo appartiene al parlamento così come appartiene al parlamento il potere di conferire o revocare la fiducia all'esecutivo. Senza la fiducia, che è un voto dato a maggioranza dai due rami del parlamento, il governo cade e, se non si trova una diversa maggioranza alla Camera e al Senato, si deve restituire la parola agli elettori. Ma se tutti i parlamentari sono fedelissimi al candidato premier, è evidente che non ci sarà dialettica parlamentare e che il governo godrà di una fiducia che non gli deriva dalla bontà del suo operato ma dalla fedeltà dei suoi scagnozzi inseriti nelle liste elettorali. Non se la è meritata ma se la è comprata prima ancora di essere nominato dal Capo dello Stato.
E ancora, se i parlamentari sono uomini di fiducia del capo del governo, è evidente che non potranno che ratificare senza neanche mettere in discussione (perché nella maggior parte dei casi non ne hanno le capacità) i provvedimenti del governo ivi compresi i decreti legge che pedissequamente verranno convertiti in legge. Questo significa che la funzione legislativa non sarà più svolta dal parlamento ma dal governo.
Andiamo ad analizzare la terza grande novità della legge in esame, il c.d. “premio di maggioranza”. In pratica viene attribuito un numero minimo di 340 seggi alla Camera dei Deputati a quella coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti. Al Senato, invece, il premio di maggioranza è individuato su base regionale, e garantisce alla coalizione vincente in una determinata regione almeno il 55% dei seggi ad essa assegnati.
Il “porcellum”, poi, prevede l'obbligo, nel momento esatto in cui vengono presentati i simboli elettorali del deposito da parte di ogni coalizione del proprio programma e l'indicazione del proprio capo. Pensate che stia scherzando? Andatevela a leggere. Dice esattamente così. E va bene, non ci credete allora ve la riscrivo: “Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all'articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica. I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione. Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall'articolo 92, secondo comma, della Costituzione.”. Pensate a quanto sono stati magnanimi questi simpaticoni. Addirittura le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica, ossia il potere di nominare il Presidente del Consiglio e i Ministri, restano “ferme”. Che bello, no? Come se in una legge ordinaria si potessero modificare i poteri della più alta carica dello Stato. Il problema è che secondo me ci hanno pure pensato e alla fine per evitare incomprensioni hanno deciso di scrivercelo perché in effetti il contenuto della norma di cui ci stiamo occupando svuota a tal punto il potere del Presidente della Repubblica da rendere anche inutile l'atto di nomina del Governo. Ricapitolando: inutile il Parlamento, inutile il Presidente della Repubblica.
E' chiaro ciò che consegue a questa norma, vero? No? Va bene allora lo spiego per benino. Nel nostro ordinamento è il corpo elettorale, cioè la gente, cioè noi, che elegge il parlamento, l'organo deputato a fare le leggi, ed è il parlamento che esprime una maggioranza. Il Presidente della Repubblica, infatti, una volta insediato il Parlamento, prima di questa “porcata”, si faceva un giretto tra i gruppi parlamentari per capire quale fosse il più gettonato tra i papabili Presidenti del Consiglio. Faceva i conti, cioè, dei voti che ogni possibile candidato avrebbe ricevuto. Quello che aveva la maggioranza veniva incaricato di formare il Governo. Una volta formato il Governo attraverso la nomina dei ministri sempre ad opera del Presidente della Repubblica su indicazione del Presidente del Consiglio incaricato, il Governo, finalmente composto, si presentava al Parlamento, cioè all'assemblea eletta dal popolo, cioè ai rappresentanti del popolo, cioè al popolo, per ottenere la fiducia, cioè l'autorizzazione a governare. Ora è.... tutto il contrario. I capi si scelgono gli scagnozzi e li infilano nelle liste elettorali. Nessuno dei parlamentari è scelto dal popolo. I parlamentari eletti hanno il dovere “morale” di sostenere il governo formato dal capo che, ovviamente, il Presidente della Repubblica incarica senza neanche farsi il giretto tra i gruppi parlamentari, svolgendo una attività meramente notarile. Il Presidente del Consiglio nomina ministri che vuole lui perché tanto nessuno si azzarderà a non votare le fiducia, e la frittata è fatta. C'è un uomo solo al comando. Un tizio, sia esso di destra o di sinistra può: scegliere i parlamentari, scegliere i ministri, fare le leggi. Uno e trino. Contemporaneamente Corpo elettorale, Parlamento e Governo. Se non è una dittatura questa... solo Ottaviano Augusto, in quanto anche pontefice massimo, ha saputo far meglio.
Proseguendo nel nostro viaggetto all'interno della legge elettorale che tanto piace ai nostri politici, ci dobbiamo occupare di due mostriciattoli mica da ridere: le “coalizioni” e le “soglie di sbarramento”. Guardate, queste due sembrano davvero questioni molto tecniche ma come è ovvio in una legge elettorale sono in realtà due questioni molto, molto politiche. Ed è importante non sottovalutarle perché sono a mio avviso il vero motivo per il quale l'opposizione (ah ah!) non fa una vera opposizione a questa legge e diventa indiscutibilmente complice di questo arretramento sostanziale del livello di democrazia nel nostro paese. Orbene, andando ad analizzare il dettaglio, la legge prevede la possibilità di apparentamento reciproco fra più liste che vengono raggruppate così in coalizioni. Sia il programma che il “capo” della forza politica laddove vi sia una coalizione, devono essere unici. Ovviamente in questi caso il capo diventa (addirittura) Capo della coalizione. La questione non è di poco conto se letta congiuntamente con l'altro aspetto, quello della c.d. “soglie di sbarramento”. Facciamo molta attenzione. Per ottenere seggi alla Camera, ogni “coalizione” deve ottenere almeno il 10% dei voti nazionali ma, per quanto concerne le liste non inserite in una coalizione la soglia minima viene ridotta al 4% e la stessa soglia viene applicata a quelle liste che siano collegate ad una coalizione che non è riuscita a superare lo sbarramento. Le liste collegate ad una coalizione che abbia superato la soglia del 10%, poi, potranno partecipare alla ripartizione dei seggi solo se superano il 2% dei voti, o se costituiscono la maggiore delle forze al di sotto di questa soglia all'interno della stessa (miglior perdente). Al Senato, invece, le soglie di sbarramento (che però devono essere superate a livello regionale) sono del 20% per le coalizioni, 3% per le liste coalizzate, 8% per le liste non coalizzate e per le liste che si sono presentate in coalizioni che non abbiano conseguito il 20%.
Adesso ponete attenzione alla circostanza che questo metodo è praticamente identico a quello della legge elettorale usata in Toscana, che prevede i medesimi sbarramenti e che non è certamente stata ideata da una mente di centro-destra.
Ora, stante la scomparsa, magari anche condivisibile visto lo scarso rendimento degli ultimi anni, di tutte quelle forze politiche che esistevano, per così dire, a sinistra del PD e vista la ricaduta sul piano economico e su quello delle visibilità di queste forze che, ed era semplice prevederlo, risultano a questo punto sepolte e dimenticate, non viene il dubbio che l'attuale opposizione abbia avuto tutto l'interesse a non contrastare questa “porcata” per sbarazzarsi con una mossa di tutti quei partitini che gli ronzavano intorno? Il fatto che quei partitini rappresentassero almeno tre milioni di persone, ovviamente non è così importante.
Ecco, io in questo vedo il dolo da parte di Veltroni prima e dei suoi piccoli predecessori dopo. Per divenire egemoni e puntare al duopolio della politica hanno lasciato a Berlusconi la possibilità di minare la struttura democratica del nostro paese. Personalmente non perdono a questa forza politica questo fatto.
Quello che penso, risparmiandovi la parte della legge che si occupa di minoranze linguistiche, è che oggi l'opposizione politica in questo paese debba avere un solo obiettivo: lavorare per costruire una alleanza politica tra i democratici, di qualunque estrazione essi siano. Questa è una precondizione per poter ricominciare a parlare dei problemi che affossano questo paese sui quali magari all'interno di questo fronte di uomini e donne che vogliono riaffermare i principi democratici, possono non essere condivisi. Questo, però, è un altro problema. Oggi siamo chiamati a fare una scelta precisa e ad impegnarci tutti quanti per risolvere un problema fondamentale del nostro paese. Quello della scomparsa della democrazia. Nessun altra questione, nessun altro appuntamento nell'agenda politica fino a quando non abbiamo risolto questo.
Personalmente mi impegnerò solo in un movimento che abbia come scopo primario quello di abrogare l'attuale legge elettorale e di restituire la parola al corpo elettorale. Altrimenti, per tutti i motivi che ho sopra spiegato, abbaiamo alla luna perché il terreno nel quale ci confrontiamo è un terreno falsato in cui, peraltro, le persone non contano niente e quando le persone non contano ci troviamo un un posto che si chiamo “regime”. Nessuno deve accettare il contraddittorio con la maggioranza su nessun altro tema sia esso economico, sociale, istituzionale. Nessun confronto fino a quando non si è parlato fino allo stremo, non si è risolto il nodo democratico e non si è ridato il potere al popolo. “LA SOVRANITA' APPARTIENE AL POPOLO, CHE LA ESERCITA NELLE FORME E NEI LIMITI DELLA COSTITUZIONE” (Carta Costituzionale, Art. 1 comma 2°).
Partigiani, sempre.
Marco Guercio, Avvocato. RETELEGALE LIVORNO
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